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            Marco Prestia "Baby Gange" 2002 
            olio e acrilico su carta cm. 270 x 140 
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            Marco Prestia "Apnea" 2002 
            olio e acrilico su carta supporto in alluminio
            cm.90 x 150 
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            Marco Prestia "Bussanoo" 2001 
            olio e acrilico su carta  supporto in alluminio cm. 150 x 160 
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            Marco Prestia "Ice cream" 2002 
            olio e acrilico su carta supporto
            alluminio
            cm. 120 x  
            
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 QUALE NORMALITA'?! 
            di 
            Federica La Paglia 
             
             
            C'è un romanzo che amo molto,
            in cui l'autore
            affonda le mani nelle viscere
            del malinconico
            animo del suo protagonista, fino
            a fargli
            vomitare tutta la rabbia o talvolta
            la rassegnazione
            del suo stato di emarginato. 
            Il libro è "Le pareti della solitudine"
            di Tahar Ben Jelloun, e nel guardare i lavori
            di Marco Prestia e nell'approcciarmi alla
            scrittura di questo testo, immediata la mente
            è corsa alla vita dura e silenziosa di Mohamed. 
            Nella prefazione del romanzo,
            l'autore afferma
            che "un romanziere è una
            specie di ladro
            di realtà bruta" e che "solo
            la
            finzione letteraria può essere
            in grado di
            dire e di far vedere e capire
            un uomo che
            soffre nel cuore, nel corpo e
            nell'esistenza";
            ma anche un artista come Prestia
            è capace
            dello stesso.  
            Marco cammina per le strade,
            guarda, e punta
            l'attenzione dove forse l'uomo
            che gli passa
            accanto ha solo gettato velocemente
            lo sguardo.
             
            La realtà delle piccole cose,
            quelle più
            comuni, lo affascina al punto
            di spingerlo
            alla ricerca della verità che
            si cela dietro
            "banali" episodi di
            vita qualunque.
             
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            Marco Prestia "Il revolver di Papà"
            2002 
            olio e acrilico su carta supporto alluminio
             
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            Marco Prestia "Chupa Chups" 2003 
            stampa digitale cm. 25 x 31 x
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            Nei volti coperti dei suoi mendicanti e dei
            tossici vive l'emarginazione degli immigrati
            arabi di Ben Jelloun; in "Jessica",
            in "Mattola" o nel suo "Operaio"
            suicida vive la popolazione silenziosa delle
            strade cittadine, la porzione di mondo metropolitano
            nascosta dietro la noncuranza dei più. Sono
            esseri soli e senza identità perché tutti
            uguali agli occhi di chi guarda, celati dietro
            un velo d'indifferenza che li uniforma, e
            che nei lavori di Prestia assume l'aspetto
            di un'identica veste.  
            Non un travestimento, ma l'espressione
            della
            loro condizione: uomini privi
            di voce (non
            hanno bocca le sue creature)
            che vivono ai
            margini. 
             
            E nel ritrarli l'artista sfodera
            un'ironia
            che sfiora il cinismo e il disincanto
            della
            "normalità dei fatti",
            e li veste
            di peluche colorata, segnandoli
            con i tratti
            del drammatico "gioco"
            che caratterizza
            tutta la sua produzione. 
             
            Lo si ritrova negli oli e acrilici
            in cui,
            servendosi di un linguaggio semplice
            e proprio
            del mondo giovanile, racconta
            di disagi e
            violenze.  
            Allora più stridente si fa il
            contrasto tra
            lo strumento del fumetto ed il
            messaggio,
            nella raffigurazione delle famose
            scene di
            vita quotidiana, in cui i bimbi/protagonisti
            sono catapultati in un set finto,
            ancor più
            drammatico nella razionalità
            delle geometrie
            in cui poi fluttuano piccole
            comparse.  
            Una denuncia sociale a metà strada
            tra la
            rappresentazione onirica e la
            crudezza del
            reale. 
             
            E di nuovo lo sguardo cade sulle
            vicende
            del vivere d'ogni giorno nel
            suo progetto
            più recente. Nelle tavolette
            di cera o gomma
            siliconica, nuovamente irrompe
            nel silenzio
            della normalità e rende protagonisti
            semplici
            attori di una qualsiasi scena
            privata. Apre
            finestre sul comune fatto quotidiano,
            evidenziandone
            l'unicità. Come guardando in
            una gigantesca
            lente d'ingrandimento sul tracciato
            urbano,
            lì dove s'incrociano strade e
            le cose accadono.
             
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            Marco Prestia "Cover" 2003 
            stampa digitale cm. 70 x 150 | 
           
        
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
       
      
        
          
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            Marco Prestia "Covers" 2003 
            stampa digitale cm. 50 x 170 | 
           
        
       
       
      
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